Categoria SICUREZZA SUL LAVORO

La figura essenziale : formatore per la sicurezza sul lavoro.

Il Decreto del 6 marzo 2013 in attuazione dell’art.6 comma 8, m-bis del D.Lgs. 81/08, definisce i requisiti formativi minimi che devono essere posseduti dai formatori per la sicurezza, individuando modalità e contenuti dei percorsi formativi abilitanti all’esercizio della professione.

La normativa prevede l’acquisizione di crediti formativi necessari per mantenere l’abilitazione, per tutti i soggetti operanti nel mondo della sicurezza, e quindi anche per i formatori per i quali la periodicità dell’aggiornamento è almeno triennale. Il prerequisito indispensabile per poter essere abilitato alla formazione in materia di sicurezza è il possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado, non richiesto solo per i datori di lavoro che effettuano formazione nella propria azienda. Inoltre, devono essere soddisfatti altri requisiti in alternativa, che prevedono anche la frequentazione di un corso di formazione di base con esame finale della durata minima di 24 ore.

In merito alle modalità con cui è possibile svolgere gli aggiornamenti per i docenti formatori, sono intervenuti  nel tempo tre interpelli: n.21/2014, 02/2015 e 09/2015 del 02 novembre 2015.

Il sistema Haccp, quale la formazione per essere in regola

La Direttiva Europea 2500/36/CE recepita in ambito nazionale con il Decreto Legislativo 206/2007, definisce i criteri e i requisiti per gli alimentaristi che prevede, tra le altre misure, l’obbligo di acquisire il patentino di alimentarista.

Il sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) è un insieme di norme da rispettare per la corretta gestione e per il controllo alimentare che disciplina le misure necessarie per garantire la salubrità degli alimenti, riducendo al minimo il rischio di contaminazioni, e di conseguenza a tutela della salute umana. Si articola su sette principi fondamentali:

  • Identificare i pericoli e i rischi da ridurre o eliminare;
  • Identificare i punti critici di controllo (CCP) lungo l’intera filiera;
  • Stabilire, per questi CCP, i limiti di accettabilità;
  • Applicare procedure di monitoraggio dei CCP;
  • Definire interventi correttivi nel caso i limiti di accettabilità vengano superati;
  • Stabilire le azioni da adottare periodicamente per la verifica del corretto funzionamento del sistema;
  • Predisporre tutta la documentazione relativa al Piano di intervento.

Conoscere la normativa in materia di salute e igiene degli alimenti è un requisito fondamentale, oltre che obbligatorio per legge, per tutti gli operatori del settore alimentare e della ristorazione.

I corsi per l’ottenimento del “patentino” sono erogabili anche a distanza e sono rivolti a chiunque operi o intenda operare nel campo dell’alimentazione e/o della ristorazione: al personale qualificato che manipola cibo e bevande (cuochi, camerieri, barman, aiutanti in cucina, addetti mensa, pasticcieri, panettieri, pizzaioli, ecc.) e al personale che non manipola alimenti e bevande (promoter per alimenti confezionati, aiutanti in sala, magazzinieri, trasportatori, ecc.).

L’addetto alla conduzione di macchine agricole

Il Testo Unico per la Sicurezza, con l’articolo 69, definisce le attrezzature di lavoro come “qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro”.

Con il successivo articolo 73 il D.Lgs 81/2008, dispone che per alcune attrezzature di lavoro, considerate pericolose per gli operatori, in ragione della complessità e della natura progettuale, il datore di lavoro abbia l’obbligo di assicurare una adeguata formazione e addestramento :”il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente”. Tale formazione deve riguardare sia le normali condizioni operative che la gestione di eventuali situazioni anormali prevedibili.

L’obbligo del datore di lavoro di assicurare la formazione, viene esteso inoltre anche ai rischi che l’impiego della attrezzature pericolose può comportare per altre persone “Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari […] ricevano una formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.”

L’individuazione delle attrezzature definite pericolose, per le quali è richiesta la formazione e addestramento, viene demandato con il comma 5 a provvedimenti di successiva emissione “In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione e le condizioni considerate equivalenti alla specifica abilitazione”

In proposito sono intervenuti gli Accordi del 22 febbraio 2012 tra lo Stato e le Regioni che hanno recepito quanto richiesto del decreto 81. Con l’allegato A si identificano nel dettaglio le attrezzature per le quali è obbligatoria la formazione mirata, tra queste vi sono attrezzature impiegate nel campo dell’edilizia e nel settore agricolo, due ambiti professionali dove l’incidenza degli infortuni è significativamente elevata. In particolare, la lettera f) del punto 1.1 definisce che per i trattori agricoli sia necessaria la formazione, definendoli come: “Trattori agricoli o forestali: qualsiasi trattore agricolo o forestale a ruote o cingoli, a motore, avente almeno due assi ed una velocità massima per costruzione non inferiore a 6 km/h, la cui funzione è costituita essenzialmente dalla potenza di trazione, progettato appositamente per tirare, spingere, portare o azionare determinate attrezzature intercambiabili destinate ad usi agricoli o forestali, oppure per trainare rimorchi agricoli o forestali. Esso può essere equipaggiato per trasportare carichi in contesto agricolo o forestale ed essere munito di sedili per accompagnatori.”

I citati Accordi del 2012 consentono con la parte II dell’allegato I, che la parte teorica dei corsi di formazione sia erogabile a distanza, a condizione che siano rispettati determinati requisiti: presenza di un Tutor, test di apprendimento, organizzazione e contenuti allineati con quelli previsti dall’allegato VIII.

Dimissioni consensuali lavoratrici madri lavoratori padri 2018

Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri. Pubblicato dall’Ispettorato nazionale del lavoro il rapporto anno 2018 sulle dimissioni ai sensi dell’art. 55 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Rapporto redatto con il contributo della Consigliera nazionale di parità.

Nel 2018 le convalide sono state 49.451, ovvero +24% rispetto al 2017, nel 96% dei casi riferite a dimissioni (45.900 volontarie e 1.510 per giusta causa) e 4% risoluzioni consensuali.

41.335 convalide hanno interessato persone di nazionalità italiana, l’83% del totale, 11% persone non comunitarie, 6% comunitarie. Il 73% (35.963 convalide) ha riguardato lavoratrici madri, padri 13.488. Fasce di età maggiormente coinvolte: 29-44 anni 77% del totale. Nell’87% dei casi le convalide hanno interessato lavoratrici e lavoratori fino a un massimo di 10 anni di anzianità di servizio.

Motivazioni. Stante la possibilità di indicare più motivazioni da parte della lavoratrice/lavoratore, le dichiarazioni sono state 56.636, sulle citate  49.451 convalide. Le motivazioni più utilizzate:

  • incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e le esigenze di cura della prole 20.212 36%;
  • 18% condizioni dell’azienda di appartenenza (6% organizzazione e condizioni di lavoro; quindi distanza, orario, mancata modifica degli orari, mancata concessione part time, modifica mansioni, modifica sede).
  • 33% passaggio al altra azienda.

Richieste di flessibilità e part time: 2.062, concesse 423.

Settori: 76% convalide nel terziario, 19% industria; 4% edilizia, 1% agricoltura. Dimensioni di impresa “al netto dei casi che non è stato possibile classificare per ragioni tecniche”: 32% micro imprese, 23% piccola impresa, 22% grande, 13% media impresa. 64% Nord, 18% Centro, 18% Centro e 185 Sud.

Info: Relazione annuale convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali 2018

Oms, burn-out fenomeno di origine occupazionale, inserito in ICD-11

L’Oms ha comunicato di aver ufficialmente riconosciuto la sindrome da burn-out come fenomeno di origine occupazionale e di averla appena inclusa nella revisione della classificazione internazionale delle malattie – International Classification of Diseases (ICD-11) .

Dalla nota della stessa Organizzazione mondiale della sanità del 28 maggio 2019 si apprende che il burn-out è stato catalogato nella Icd-11 alla voce Fattori che influenzano lo stato di salute o il contatto con i servizi sanitari sotto gruppo Fattori che influenzano lo stato di salute. Ovvero tra gli avvenimenti non classificati come malattia ma capaci di indurre la persona a contattare i servizi sanitari.

Con tale definizione: “Il burn-out è una sindrome concettualizzata come conseguenza dello stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo.

È caratterizzato da tre dimensioni:

sentimenti di esaurimento o esaurimento energetico;
maggiore distanza mentale dal proprio lavoro, o sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro;
ridotta efficacia professionale.

Il burn-out si riferisce specificamente ai fenomeni nel contesto occupazionale e non dovrebbe essere applicato per descrivere esperienze in altri ambiti della vita”.

Uso in sicurezza dei prodotti fitosanitari, volume Inail

Uso in sicurezza dei prodotti fitosanitari è l’argomento trattato da Inail in una delle ultime pubblicazioni. Un documento particolarmente utile a chi è impegnato nel settore agricolo, che tratta i Pf, i rischi, la sicurezza, la tutela dei consumatori e dell’ambiente.

L’opuscolo è strutturato su schede informative monotematiche che affrontano la normativa di riferimento per quanto riguarda acquisto, trasporto, immagazzinamento, utilizzo, smaltimento e documentazione aziendale; la sicurezza e il Testo Unico; etichettatura; metodi alternativi da utilizzare in agricoltura.

La normativa di riferimento si avvia in Europa con la direttiva 2009/128/CE recepita dal D.lgs. n. 150/2012. Quindi il Dm 22 gennaio 2014 con il relativo Piano di azione nazionale; il citato D.lgs 81/08.

Per fitosanitari o agrofarmaci si intendono generalmente prodotti utilizzati per proteggere le piante; conservare; eliminare infestanti; influenzare la coltivazione. Sono costituiti da: sostanze attive, coformulanti e coadiuvanti. L’intossicazione può avvenire sia per inalazione, che per contatto dermico o ingestione. La valutazione dei rischi è in carico al datore di lavoro e definita dal Titolo IX del TU.

Il volume è curato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, Dit Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione, Contarp. Questo l’indice:

  • “Prodotti fitosanitari o agrofarmaci;
  • Il pericolo nell’uso dei prodotti fitosanitari;
  • La valutazione del rischio chimico professionale;
  • Schede tecnico-informative;
  • Documentazione aziendale;
  • Dispositivi di protezione individuale;
  • Allegato 1. Quadro normativo di sintesi sui prodotti fitosanitari;
  • Allegato 2. Guida alla lettura della etichetta e scheda dati di sicurezza (MsDs);
  • Allegato 3. L’ADR: disposizioni generali ed esenzioni;
  • Allegato 4. La difesa integrata;
  • Allegato 5. La gestione dei rifiuti;
  • Allegato 6. Glossario”.

Info: Inail, Uso in sicurezza dei prodotti fitosanitari 

Dpi, in Gazzetta il decreto per adeguamento al Regolamento (UE) n. 2016/425

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.59 dell’11 marzo 2019 il Dlgs 19 febbraio 2019, n. 17 – Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la Direttiva 89/686/CE.

Il decreto è in vigore dal 12 marzo 2019, risponde alla Legge delega 25 ottobre 2017, n. 163 ed è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 14 febbraio 2019.

Le modifiche maggiori interessano il Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 (viene abrogato il decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 10) a partire dal titolo e dall’articolo 1: “Art. 1 (Campo di applicazione e definizioni). – 1. Le norme del presente decreto si applicano ai Dispositivi di protezione individuale (DPI) di cui all’articolo 2 del regolamento (UE) n. 2016/425 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, di seguito regolamento DPI. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni di cui all’articolo 3 del regolamento DPI”.

Sostituiti gli articoli 2 (norme armonizzate) 3 sui requisiti di sicurezza, 5 conformità per la vendita, che rimandano ai criteri definiti dal nuovo regolamento europeo Dpi. 6 organismi notificati, 7 certificazione CE, 12 marcatura, 13 vigilanza sul mercato: “Art. 13 (Vigilanza del mercato sui DPI). – 1. Ai fini del presente decreto le funzioni di autorità di vigilanza del mercato sono svolte dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell’ambito delle rispettive competenze, ai sensi del capo VI del regolamento DPI.

2. Le funzioni di controllo alle frontiere esterne sono svolte dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli conformemente agli articoli da 27 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008.

3. Le amministrazioni di cui al comma 1 possono altresì, ciascuna per gli ambiti di propria competenza, avvalersi delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

4. Qualora gli organi competenti per la vigilanza del mercato ai sensi delle vigenti disposizioni, nonché gli organi di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concludano che un DPI non rispetta i requisiti essenziali di sicurezza di cui all’allegato II del regolamento DPI, ne informano il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza.

5. I provvedimenti previsti dal capo VI del regolamento DPI sono adeguatamente motivati e comunicati all’interessato con l’indicazione dei mezzi di impugnativa avverso il provvedimento stesso e del termine entro cui è possibile ricorrere.

6. Gli oneri relativi ai provvedimenti previsti dal presente articolo sono a carico del fabbricante, del suo mandatario, dell’importatore, del distributore o dell’operatore economico destinatario del relativo provvedimento”.

14 sanzioni per il fabbricante e l’importatore e 14-bis disposizioni di adeguamento che prevedono prossimi decreti del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero del Lavoro in caso di aggiornamento di ambiti già disciplinati che dovranno armonizzarsi con il regolamento (UE) n. 2016/425. Articolo 15 oneri per la vigilanza.

L’articolo 2 del nuovo D.lgs riporta quindi le modifiche al Testo unico sicurezza lavoro al Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 74 comma 1 dove viene aggiunto “Si tiene conto, inoltre, delle finalità, del campo di applicazione e delle definizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3, paragrafo 1, numero 1), del regolamento (UE) n. 2016/425”; articolo 76 dove il riferimento al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 viene sostituito da quello al al regolamento (UE) n. 2016/425.

In ogni disposizione legislativa, regolamentare ed amministrativa in vigore dovranno essere sostituiti i riferimenti alla Direttiva 89/686/CEE con quelli al Regolamento (UE) n. 2016/425 e dovranno essere integrati seguendo la tavola di concordanza allegato X del citato regolamento.

Info: GU n.59 11 marzo 2019 Decreto legislativo 19 febbraio 2019 n.17

Quella difficile conciliazione

Lo scoglio più difficile da superare sembra presentarsi sin da subito, con l’arrivo del primo figlio. In altri termini, non è, come ci si aspetterebbe, la «quantità» di lavoro materno a determinare il conflitto (da due figli in poi) ma il passaggio stesso alla maternità. Anche le madri che lavorano part-time presentano le difficoltà di conciliazione: secondo una ricerca Istat del 2015 crescono rispetto al 2005 le madri che pur lavorando a tempo ridotto dichiarano problemi di conciliazione famiglia-lavoro (29,4% nel 2012, 22,1% nel 2005). La mancanza di una rete di supporto, nella stragrande maggioranza dei casi, costringe le madri ad abbandonare il lavoro, a riprova che queste non riescono a trovare nella risposta istituzionale, nei servizi sul territorio e negli strumenti messi a disposizione dalle aziende un valido sostegno alla gestione della famiglia. Si delinea così un doppio fronte di complessità nella conciliazione: quello personale, psicologico ed esistenziale e quello della gestione della realtà.

Due sono gli assunti di base dai quali partire per iniziare a costruire non tanto una impossibile «conciliazione perfetta», ma – parafrasando le parole di un noto psicologo, che la applicava alle madri – una «conciliazione sufficientemente buona». Il primo è che non esiste possibilità di una buona conciliazione concreta, logistica e operativa (che definiamo esterna: verso l’azienda, la società, gli altri attori presenti nel sistema) se non c’è stata a monte una profonda e serena conciliazione interna. Figli e lavoro, asili e carriera, tate e nonni stanno insieme nella realtà se prima possiamo tenerli insieme nella nostra idea di realtà, nel nostro immaginario e nella nostra alchimia personale. Ci si può avvalere delle migliori strategie di delega, di un’organizzazione minuziosa e puntale delle giornate delle mamme e dei loro bambini, ma se non c’è stata prima una legittimazione dei desideri delle donne nel loro nuovo ruolo di madri e professioniste, per loro e per i loro figli, anche la miglior orchestrazione poggerà su fondamenta poco stabili, che vacilleranno inesorabilmente sotto il peso di mille sensi di colpa all’affacciarsi delle prime, normali problematicità.

Le aziende, ma anche la società, non potranno ancora a lungo ignorare tutto ciò e dovranno presto attrezzarsi per accogliere le esigenze di bilanciamento vita/lavoro di un numero sempre crescente di persone/lavoratori. Il rischio, se non dovessero adoperarsi in tal senso, è di privarsi a lungo andare di una fetta di talenti (mamme lavoratrici, ma anche millennial e nuovi padri) che sempre con maggior fatica riescono ad accettare modelli organizzativi e di lavoro costruiti su vecchie regole che premiano il presenzialismo sul luogo di lavoro anziché il raggiungimento degli obiettivi. Un altro passo importante e utile da compiere è quello di comprendere e gestire dentro e fuori di sé quel sistema di attese e di sguardi – ovvero l’insieme delle pressioni più o meno dirette e consapevoli, alcune reali altre immaginarie – dentro il quale si è inserite e a cui, in qualche modo, le madri sentono di dover far fronte. Gli attori di questo sistema sono sempre molteplici. In primo luogo c’è il figlio neonato con le sue richieste oggettivamente pressanti, che nei suoi primi mesi di vita dipende in tutto e per tutto dalla madre ma che, anche in seguito e per tutta la prima infanzia, reclama attenzioni e cura. Le sue sono le attese e le richieste più immediate e di decodifica piuttosto semplice, se non fossero poi complicate (come abbiamo ben visto sopra) dalle proiezioni della madre stessa, spesso impegnata a sentirsi e a interpretare il ruolo della «buona madre».

Tratto da Genitori al lavoro – L’arte di integrare figli, lavoro, vita, di Laura Girelli e Adele Mapelli

Comunicazioni Obbligatorie, Ministero del Lavoro ecco la terza nota trimestrale 2018

Sono stati pubblicati dal Ministero del Lavoro i dati sulle Comunicazioni Obbligatorie nel terzo trimestre 2018. 56,4mila in più rispetto al 2017 i contratti che da tempo determinato sono stati trasformati in indeterminato.

2milioni 822mila i contratti di lavoro attivati nel terzo trimestre 2018 al netto di quelli derivanti dal tempo determinato o apprendistato, +1,5% rispetto al 2017. In totale comprese le trasformazioni 2milioni 994mila i contratti di lavoro, +3,4% rispetto al 2017. Come detto 56,4mila le trasformazioni ovvero +48,6% e di queste 55mila derivano dal tempo determinato.

+6% attivazioni al Centro, +5,8% al Nord, -1% al Sud. Il 69% dei contratti attivati si è avuto nei servizi (+2,9% aumento di settore), Industria 14,4% (+8%), Agricoltura 16,6% (+1,6%).

Le attivazioni a tempo indeterminato hanno rappresentato un flusso complessivo di circa 565mila unità, 67mila in più sul 2017 ovvero 13,4%. 495mila le cessazioni, ovvero 6mila in meno rispetto alle attivazioni.

Ancora: +0,7% ovvero 14mila i nuovi contratti a tempo determinato, +9,4% apprendistato (+7mila contratti), Altro +5,0%. -0,6% i contratti di collaborazione.

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio: “Sono questi i primi effetti reali del decreto dignità. Rispondiamo con i numeri reali del mercato del lavoro alle ipotesi ed agli studi catastrofistici”.

Info:
Ministero del Lavoro nota sul rapporto comunicazioni obbligatorio terzo trimestre 2018
Terza nota trimestrale 2018 comunicazioni obbligatorie 

Fonte: Ministero del Lavoro

I diritti, nuova scheda informativa del Garante Privacy

I diritti.

Questo il tema dell’ultima scheda informativa pubblicata dal Garante della Privacy riguardante il Regolamento (UE) 2016/679. Infografica sui diritti per la protezione dei dati di cui beneficia una persona, l’accesso, l’azione attraverso di essi e l’opposizione al trattamento.

Il foglio interessa in particolare quanto previsto dal Regolamento negli articoli dal 15 al 22, come comportarsi per proteggere i propri dati rivolgendosi al titolare del trattamento.

In merito all’accesso la persona ha il diritto di conoscere se sia in corso un trattamento (copia, origine, destinatari, profilazione, periodo di conservazione). Quindi dove previsto, può avanzare richiesta di cancellazione o limitazione del trattamento, oppure avvalersi del diritto di portabilità, ovvero del trasferimento dei dati a un altro titolare. L’opposizione. L’oggetto del trattamento può motivare una richiesta di opposizione, o presentare un’opposizione senza motivazione nel caso in cui i dati siano utilizzati per marketing diretto.

La scheda del Garante elenca le modalità utili per esercitare attraverso il Garante i diritti elencati: posta elettronica o posta raccomandata al Garante della Privacy inviando un modulo dedicato. Il titolare del trattamento una volta sollecitato dovrà rispondere entro un mese o richiedere una proroga per farlo di un massimo di due mesi. Altrimenti e in caso di risposta non soddisfacente la persona può inviare un reclamo ancora al Garante o all’Autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 77 del Regolamento.

Info: Garante Privacy